Aqmi è figlia del GSPC algerino, ha sempre avuto un’agenda jihadista “locale” piuttosto che internazionale ed è sempre stata sospettata di infiltrazioni da parte dei servizi algerini. Che infatti sono riusciti a spostarne il campo di operazioni nel nord del Mali – fuori cioè dai confini nazionali – e ne hanno spesso condizionato le azioni. L’Algeria resta inoltre la potenzia-chiave per capire quello che sta succedendo nell’area saheliana e come uscire da questa crisi: la sua ostilità rispetto al MNLA e più in generale rispetto alle rivendicazioni dei tuareg è nota da sempre – non bisogna infatti dimenticare che i berberi della Kabylie sono “cugini” dei tuareg – così come è nota la pretesa algerina di essere il dominus dell’area. Non a caso le autorità di Algeri sono state le prime (e uniche) a contestare l’intervento francese in Mali – parlando apertamente di “neo-colonialismo” – e la condotta dissennata nell’operazione di In Amenas – della serie: decidiamo tutto noi e che nessuno provi a intromettersi – ne è la conferma.
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